Macrobio Saturnalia, 3, 14, 2-5

Se abbiamo senno, dobbiamo venerare sempre i tempi antichi. E ciò perché quelle sono le età che hanno dato vita a questo impero con il sangue e il sudore, cosa che non sarebbe stata resa possibile se non dal gran numero di virtù. Tuttavia – e non bisogna passare sotto silenzio questo punto –, in mezzo a così tante virtù quel tempo non mancò anche di difetti, alcuni dei quali trovarono rettifica nella nostra epoca grazie alla sobrietà dei costumi. Avevo iniziato a parlare del lusso di quell’epoca riguardante le prelibatezze culinarie tratte dal mare, ma dal momento che per corrobare il nostro attuale miglioramento si offre una serie di argomenti da trattare l’uno di seguito all’altro, non lascio perdere i pesci, ma ne pospongo la trattazione per ricordare invece altre mollezze di cui ora siamo privi. Dicci, Oro, tu che ci rinfacci i bei tempi antichi: davanti a quale mensa ti ricordi di aver visto di recente una danzatrice o un danzatore? Ma ai loro tempi saper danzare era un obiettivo per cui si poteva competere anche tra persone perbene. Per iniziare dal tempo in cui ci furono i costumi migliori, ecco dunque che tra le due guerre puniche gli uomini di nascita libera – ma che dire di nascita libera? – i figli dei senatori frequentavano la scuola di danza e lì imparavano a danzare con le nacchere in mano. Passo sotto silenzio il fatto che perfino le matrone ritenevano non disdicevole la danza: ma addirittura tra le donne perbene c’era interesse per la danza, seppur non sfociasse mai nella meticoloso perfezionismo dell’arte.